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COP26: “Una vittoria fragile” – La nostra opinione sull’ultima conferenza sul clima.

Una vittoria fragile così è stato definito da Alok Sharma, Presidente della COP26, il risultato della Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici del 2021, conclusasi nella serata di sabato 13 novembre a Glasgow.

Il segretario delle Nazioni Unite, António Guterres, ha affermato che è stato raggiunto un compromesso, che riflette gli interessi, le contraddizioni e lo stato della volontà politica nel mondo di oggi“.

Il Glasgow Climate Pact raggiunge un risultato quindi non pienamente soddisfacente, mediocre/buono, come emerge dalla voce dei medesimi protagonisti, ma che, quantomeno, prosegue il lungo lavoro globale di riduzione delle emissioni.

Siglato da tutti i 197 Stati riuniti alla Cop26 in Scozia, l’accordo conferma come prioritario l’obiettivo di mantenere il riscaldamento globale sotto 1,5 gradi (prima della COP26, il pianeta era sulla buona strada per raggiungere un riscaldamento globale pari al 2,7°C.) e di prevedere tagli alle emissioni al -45% per il 2030.

Come tutti i negoziati il risultato è graduale, frutto di compromessi e negoziati, che evidenziano la volontà collettiva di accelerare gli sforzi per l’eliminazione dell’energia prodotta dal carbone. Altro principio fondamentale fissato alla COP26 è stata la necessità del Rulebook dell’Accordo di Parigi, che impone requisiti di trasparenza e reporting per tutte le Nazioni al fine di monitorare i progressi raggiunti.

Nonostante la delusione dinanzi al dietrofront che ha visto il passaggio dalla “cancellazione” alla “riduzione” dell’uso del carbone, consentendo a paesi come India e Cina libertà di investimento in tecnologie climalteranti, bisogna constatare con ottimismo la fortissima attenzione globale che queste due settimane di negoziati hanno avuto sui media e che hanno fortemente influenzato l’andamento della COP26.

Altra delusione: Il Beyond Oil and Gas Alliance, ossia la coalizione di paesi che vogliono decretare l’inizio della fine delle fonti fossili, vedeva inizialmente l’Italia come paese co-organizzatore. Al termine dei negoziati, la posizione del nostro Paese si è ridimensionata a sostenitore della dichiarazione dei membri fondatori. In sintesi, “Friends of Boga”, come scritto su Domani, è praticamene un vestito cucito addosso alla nostra incapacità a decarbonizzare, combinata con la nostra intenzione di apparire come chi lo sta facendo davvero.”

La COP26 non è quindi l’atto finale di un processo che impiegherà ancora molti anni per concludersi, ma è certamente un nuovo mattone per la ristrutturazione di una casa comune, la Terra, verso l’unica soluzione possibile per raggiungere l’obiettivo di riduzione entro il 2030 del 55% di emissione di CO2: eolico, fotovoltaico ed elettrificazione.

Prossimo appuntamento la COP27 nel novembre del 2022 a Sharm El-Sheikh, in Egitto.

“Io sono me più il mio ambiente

e se non preservo quest’ultimo

non preservo me stesso”

 

Josè Ortega y Gasset

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